Alessia Caliendo

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Journalist I Style & visual curator I Lecturer Project Manager @artribune focused on Fashion, Design, Fragrances & Academies
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@Artribune . Una nuova visione per la Pinacoteca Agnelli. La mia intervista alla direttrice del museo Sarah Cosulich. L’Istituzione di Torino rilanciata nel 2022 offre un programma di mostre che integra la presenza della collezione permanente, creando un hub internazionale inclusivo e innovativo. La @pinacotecaagnelli è un’istituzione artistica dinamica, rilanciata nel 2022 con una nuova missione contemporanea. Il programma espositivo comprende mostre, installazioni all’aperto e progetti che coinvolgono la collezione permanente. In questa intervista, @sarah.cosulich , direttrice del museo, parla della visione per la nuova Pinacoteca Agnelli e di come sia diventata un hub internazionale. Racconta lo sviluppo di una nuova identità, nata da una riflessione sul contesto specifico dell’istituzione: da ex fabbrica automobilistica a centro culturale, attraverso un approccio partecipativo che attrae un pubblico diversificato. La sua carriera ha spesso dato spazio a artiste donne. In che modo si manifesta questo impegno nelle scelte curatoriali? 
L’ex fabbrica FIAT è un luogo che implica una forte presenza maschile, se pensiamo alle auto e alla produzione. Anche la narrazione della storia dell’arte è principalmente centrata sugli uomini, come notiamo guardando la collezione permanente della Pinacoteca Agnelli. Comprende capolavori di artisti, tutti uomini che – in questo caso – spesso ritraggono donne. Il programma dell’istituzione riflette il desiderio di riequilibrare questa narrazione.  Il racconto visivo e l’ intervista sono tratti da ARTRIBUNE HIGH Journal supported by @high_official . Da oggi anche sulla digital issue. Il link su Linktr.ee in bio.
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2 giorni fa
@artribune Un viaggio nella Fondazione FILA Museum tra moda e innovazione sportiva. Il video teaser. Nel 2010 nasceva la @fondazione_fila_museum , con l’ambizione non solo di preservare ma anche di celebrare e diffondere il patrimonio storico del marchio biellese FILA. Da realtà locale a icona globale del settore abbigliamento e calzature sportive, FILA ha attraversato decenni di storia, evoluzione e rivoluzione nel mondo dello sport e della moda. La missione della Fondazione? Custodire la cultura che ha ispirato e sostenuto la crescita dell’azienda FILA, considerando questi valori non solo come eredità del passato ma anche come pilastri vivi dello sviluppo attuale e futuro del brand. La Fondazione agisce come un museo vivente che armonizza la conservazione con la ricerca, la catalogazione e l’esposizione, rendendo il patrimonio di #FILA accessibile non solo agli addetti ai lavori ma anche al grande pubblico. In dieci anni di attività, la Fondazione FILA Museum ha accumulato oltre 25.000 oggetti tra abbigliamento, calzature, accessori e file digitali, creando un archivio che testimonia l’evoluzione della moda sportiva e delle tecnologie applicate. Ogni pezzo rappresenta un capitolo della storia dello sport, dove l’innovazione ha continuamente spostato i confini del possibile, rendendo l’equipaggiamento sempre più tecnico ma anche funzionale.  Il lavoro di #Artribune ci guida in un viaggio attraverso i suoi spazi, con la mia curatela, gli scatti di Lorenzo Marzi @hippatodahoppa_ , la regia di Nicolò Bassetto @bax.bunni e la direzione della fotografia di @nicolacattelan . È disponibile sulla digital issue. Il link è su Linktr.ee in bio.
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6 giorni fa
@artribune Un viaggio nella Fondazione FILA Museum tra moda e innovazione sportiva La mia curatela per il progetto visivo e l’intervista a Annalisa Zanni, curatrice della @fondazione_fila_museum che dal 2010 lavora alla valorizzazione del patrimonio storico del marchio sportivo FILA. Qual è il ruolo principale della Fondazione FILA Museum e come ha contribuito alla promozione dei suoi valori nel corso degli anni? 
La Fondazione #FILA Museum è nata per salvaguardare la nostra storia attraverso la preservazione del materiale storico del brand, spaziando dai documenti agli oggetti fisici. Dopo la vendita a un fondo americano e il trasloco a Milano, molto materiale rischiava di essere perso. Ci siamo attivati recuperando tutto ciò che potevamo da container destinati al macero, salvando così un patrimonio inestimabile per il nostro marchio. In che modo la vasta collezione della Fondazione FILA Museum, che comprende oltre 25.000 oggetti, rappresenta l’evoluzione della moda sportiva a livello nazionale e internazionale?
 La nostra collezione è un vero e proprio archivio della moda sportiva, che testimonia l’evoluzione del design e delle tecniche produttive attraverso decenni di cambiamenti sociali e tecnologici. Grazie alla visione anticipatrice di figure come Enrico Frachey, abbiamo materiali che rappresentano non solo lo stile ma anche l’innovazione tecnica, come l’introduzione di nuovi tessuti e design che hanno trasformato l’abbigliamento sportivo. Il lavoro di #artribune che ci guida nel viaggio attraverso i suoi spazi con gli scatti di Lorenzo Marzi @hippatodahoppa_ , la regia di Nicolò Bassetto @bax.bunni e la direzione della fotografia di @nicolacattelan è sulla digital issue. Il link è su Linktr.ee in bio.
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7 giorni fa
@artribune Un viaggio nella Fondazione FILA Museum tra moda e innovazione sportiva La mia curatela per il progetto visivo e l’intervista a Annalisa Zanni, curatrice della @fondazione_fila_museum che dal 2010 lavora alla valorizzazione del patrimonio storico del marchio sportivo FILA. Nel 2010 nasceva la Fondazione FILA Museum, con l’ambizione non solo di preservare ma anche di celebrare e diffondere il patrimonio storico del marchio biellese FILA. Da realtà locale a icona globale del settore abbigliamento e calzature sportive, FILA ha attraversato decenni di storia, evoluzione e rivoluzione nel mondo dello sport e della moda. La missione della Fondazione? Custodire la cultura che ha ispirato e sostenuto la crescita dell’azienda FILA, considerando questi valori non solo come eredità del passato ma anche come pilastri vivi dello sviluppo attuale e futuro del brand. La Fondazione agisce come un museo vivente che armonizza la conservazione con la ricerca, la catalogazione e l’esposizione, rendendo il patrimonio di #FILA accessibile non solo agli addetti ai lavori ma anche al grande pubblico. In dieci anni di attività, la Fondazione FILA Museum ha accumulato oltre 25.000 oggetti tra abbigliamento, calzature, accessori e file digitali, creando un archivio che testimonia l’evoluzione della moda sportiva e delle tecnologie applicate. Ogni pezzo rappresenta un capitolo della storia dello sport, dove l’innovazione ha continuamente spostato i confini del possibile, rendendo l’equipaggiamento sempre più tecnico ma anche funzionale.  Il lavoro di #artribune che ci guida nel viaggio attraverso i suoi spazi con gli scatti di Lorenzo Marzi @hippatodahoppa_ , la regia di Nicolò Bassetto @bax.bunni e la direzione della fotografia di @nicolacattelan è sulla digital issue. Il link è su Linktr.ee in bio.
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8 giorni fa
@artribune Architettura e urbanistica di @borgoegnazia , il resort che da oggi ospita il #g7 La mia curatela per il progetto esclusivo scattato agli albori del grande evento. A due passi da Savelletri, tra la campagna pugliese e il mare, #borgoegnazia riveste un ruolo di primo piano sul palcoscenico internazionale come sede dell’appuntamento principale del G7. L’evento vede la partecipazione dei Capi di Stato e di Governo dei sette Stati membri, oltre al Presidente del Consiglio Europeo e alla Presidente della Commissione Europea in rappresentanza dell’Unione Europea.

Le immagini mostrano come ogni dettaglio del complesso, progettato dall’artista e scenografo Pino Brescia e costruito su un terreno che un tempo si pensava destinato a un aeroporto militare, sia stato pensato per evocare la tradizione locale, dalla scelta dei materiali costruttivi come il tufo fino alla configurazione degli spazi e alla trasformazione delle caditoie delle masserie fortificate in elementi luminosi. La struttura celebra i quattro elementi naturali — terra, acqua, aria, fuoco — attraverso un percorso sensoriale che inizia dall’arco simbolico dell’aria e si conclude nelle acque delle sue piscine.  Con un’estensione complessiva di 16 ettari, la struttura ricettiva introduce nella campagna brindisina una pluralità di forme, volumi e funzioni. Realizzato nell’arco di un quinquennio, a meno di due chilometri dal mare, il complesso non si limita all’evocazione delle memorie formali locali e all’utilizzo di materiali e finiture riconducibili alla tradizione architettonica pugliese: anche attraverso la composizione dei suoi stessi volumi punta infatti a rievocare la dimensione abitativa tipica del territorio. Tra le qualità valoriali di Borgo Egnazia, che enfatizzano l’artigianalità e la tradizione del luogo, c’è anche @bottegaegnazia , creata da @camillavender , dove è possibile cogliere ispirazioni legate alla cultura e al lifestyle territoriale. Il contenuto verticale di Artribune con lo sguardo di @federicobarbieriph è sulla digital issue. Il link è su Linktr.ee in bio.
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21 giorni fa
@artribune “Ferrania: la pellicola italiana” sulla nostra Television. Nel cuore dell’industria fotografica e cinematografica italiana, #ferrania si è distinta per decenni come un simbolo di innovazione e di vita comunitaria. Le voci degli ex dipendenti, le fotografie sbiadite e la visita al sito abbandonato di archeologia industriale rivelano non solo la storia di un’azienda, ma anche quella di una comunità intricata e vibrante. Fondata agli albori del Novecento nel comune di Cairo Montenotte, in provincia di Savona, Ferrania iniziò come una fabbrica di polveri da sparo, prima di trasformarsi in un gigante della produzione di pellicole fotografiche e cinematografiche capaci di competere con giganti come Kodak e Agfa. Nel dopoguerra, l’azienda si affermò rapidamente come leader nel settore, grazie all’introduzione delle pellicole a colori, un primato tecnologico che attrasse l’attenzione di Hollywood e di registi europei.

Più di un semplice luogo di lavoro, Ferrania rappresentava un microcosmo sociale. Con la sua banda musicale aziendale, le feste del dopolavoro e le iniziative culturali come viaggi organizzati e attività sportive, l’azienda promuoveva un forte senso di appartenenza e di orgoglio tra i suoi dipendenti. 
 Nel 1964 l’azienda venne acquistata dalla 3M Corporation of America per 55 milioni di dollari, segnando la più grande acquisizione dell’azienda statunitense in più di sessant’anni. Tuttavia, con l’avvento del digitale, Ferrania affrontò sfide che culminarono in un declino. Le voci di Ferrania, accompagnate dai filmati d’archivio, raccontano di un’epoca in cui l’azienda era un simbolo di innovazione e di comunità. Sebbene oggi quella realtà non esista più nella sua forma originale, il suo spirito vive nel ricordo di coloro che ne hanno fatto parte e nei tentativi di preservare e valorizzare quella storia attraverso il museo e altre iniziative locali. Godetevi il progetto di Artribune, di cui firmo la curatela visiva e i testi, mentre @simone.paccini cura la #fotografia , sulla digital issue. Il link è su Linktr.ee in bio.
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23 giorni fa
@artribune “Ferrania: la pellicola italiana” Nel cuore dell’industria fotografica e cinematografica italiana, #ferrania si è distinta per decenni come un simbolo di innovazione e di vita comunitaria. Le voci degli ex dipendenti, le fotografie sbiadite e la visita al sito abbandonato di archeologia industriale rivelano non solo la storia di un’azienda, ma anche quella di una comunità intricata e vibrante. Fondata agli albori del Novecento nel comune di Cairo Montenotte, in provincia di Savona, Ferrania iniziò come una fabbrica di polveri da sparo, prima di trasformarsi in un gigante della produzione di pellicole fotografiche e cinematografiche capaci di competere con giganti come Kodak e Agfa. Nel dopoguerra, l’azienda si affermò rapidamente come leader nel settore, grazie all’introduzione delle pellicole a colori, un primato tecnologico che attrasse l’attenzione di Hollywood e di registi europei.

Più di un semplice luogo di lavoro, Ferrania rappresentava un microcosmo sociale. Con la sua banda musicale aziendale, le feste del dopolavoro e le iniziative culturali come viaggi organizzati e attività sportive, l’azienda promuoveva un forte senso di appartenenza e di orgoglio tra i suoi dipendenti. 

Oltre a produrre pellicole, Ferrania gestiva anche una rivista che ha presentato le opere di fotografi di spicco come Gianni Berengo Gardin, Mario De Biasi, Ernesto Fantozzi, Mario Giacomelli, Uliano Lucas, Pepi Merisio e Fulvio Roiter. Nel 1964 l’azienda venne acquistata dalla 3M Corporation of America per 55 milioni di dollari, segnando la più grande acquisizione dell’azienda statunitense in più di sessant’anni. Tuttavia, con l’avvento del digitale, Ferrania affrontò sfide che culminarono in un declino. La narrativa di questo luogo riprende vita in ‘Ferrania: la pellicola italiana’, il progetto di Artribune, di cui firmo la curatela visiva e i testi, mentre @simone.paccini cura la #fotografia , raccontando l’evoluzione di una comunità legata indissolubilmente al suo stabilimento.” Godetevelo sulla nostra issue digitale il cui link è su Linktr.ee in bio.
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24 giorni fa
@artribune “Ferrania: la pellicola italiana” C’è da premettere tutto in questo progetto visivo e curatoriale, e del suo lungo tempo di incubazione. Che sia nato da un comunicato stampa condiviso nel 2020 da @alessandromasetticurator che mi invitava a esplorare l’archivio della Rivista Ferrania della @fondazione3m , incitando e alimentando il mio “outing” professionale, l’aver bloccato @simone.paccini in metro a Greenpoint/Brooklyn chiedendo informazioni sul perché di “quella” pellicola nelle sue mani, tirando fuori il suddetto comunicato e la storia che nel frattempo avevo setacciato e studiato. Dopo molti documentari, corsi, festival e reportage, eccoci qui, con zaino in spalla, lavalier, appunti, cittadini ed ex dipendenti pronti a collaborare, creativi autoctoni (Ferrania e dintorni, nel piccolo lembo territoriale, ha sfornato una notevole dose di talenti del visivo), visita al sito archeologico industriale abbandonato, supporto del Comune di Cairo Montenotte, e porte aperte del @ferraniafilmmuseum per far luce sulla più grande storia italiana dedicata al mondo della pellicola. Un lavoro inedito che tra tutti rappresenta l’indagine che voglio portare avanti nel mio percorso: la forza dello storytelling e il renderlo contemporaneo e fruibile a tutti attingendo anche dagli archivi. Il valore delle produzioni visive sostenibili e la sana divulgazione nei confronti della collettività. “Nel cuore dell’industria fotografica e cinematografica italiana, #ferrania si è distinta per decenni come un simbolo di innovazione e di vita comunitaria. Le voci degli ex dipendenti, le fotografie sbiadite e la visita al sito abbandonato di archeologia industriale rivelano non solo la storia di un’azienda, ma anche quella di una comunità intricata e vibrante. La narrativa di questo luogo riprende vita in ‘Ferrania: la pellicola italiana’, il progetto di Artribune, di cui firmo la curatela visiva e i testi, mentre Simone Paccini cura la #fotografia , raccontando l’evoluzione di una comunità legata indissolubilmente al suo stabilimento.” Godetevelo sulla nostra issue digitale il cui link è su Linktr.ee in bio.
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25 giorni fa
Uno degli impegni che ha arricchito gli ultimi mesi nel campo del linguaggio visivo è stato quello di fare da giurata per il Liquida Grant, un progetto all’interno del @liquidaphotofestival festival di fotografia contemporanea durante la #photoweek torinese. La rassegna ha l’obiettivo di restituire lo stato della ricerca fotografica nelle sue diverse forme d’espressione, cercando di dare voce ai nuovi talenti della fotografia contemporanea, non solo dal punto di vista della produzione autoriale, ma anche della riflessione fotografica, coinvolgendo addetti ai lavori che oggi iniziano il proprio percorso in questo cosmo in continuo divenire. Un festival in cui l’immagine scorre, assecondando il sentiero di un fiume a volte impetuoso, a volte docile, ma mai uguale a se stesso. Insieme ai miei compagni d’avventura, ho esaminato centinaia di opere, molte delle quali provenienti da artisti che mi seguono fin dall’inizio del mio percorso nella curatela visiva. L’emozione di vedere l’allestimento espositivo con i dieci talenti selezionati durante l’inaugurazione è stata indescrivibile. I vincitori del premio che hanno visto l’esposizione dei propri lavori in una collettiva, sono: Sebastian Bahr, Guglielmo Cherchi, Angela Crosti, Austin Cullen, Claudia Deganutti, Nanni Licitra, Lello Muzio, Ivana Noto, Chiara Paderi e Elisa Roman. Scoprire le loro visioni uniche, sfogliando cartella dopo cartella tra un viaggio in treno e l’altro, tra check-in e controlli passaporti, ha aggiunto un tocco di magia a questa avventura. Ora, mentre sto per volare dall’altra parte dell’oceano, vi invito caldamente a visitare il festival, presso gli spazi del Complesso della Cavallerizza di Torino in questa ultima giornata e a lasciarvi ispirare come ho fatto io.
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1 mese fa
My latest curatorial work on @artribune Focus Design paper issue CONFINI VISIVI L’oggetto fotografico ha superato i suoi limiti tradizionali. I creatori di immagini sono incoraggiati a presentare opere che mettano in evidenza diversi aspetti visivi, psicologici, geografici nel proprio lavoro. Ogni fotografo coinvolto contribuisce con la propria sensibilità e abilità evocativa, mutando la nostra percezione del concetto di “confine” e aprendo la strada alla convivenza in un mondo sempre più globalizzato e interconnesso. In parallelo, l’avanzamento rapido delle tecnologie di creazione di immagini, con l’introduzione di strumenti come l’Intelligenza Artificiale (IA), non solo supera la fotografia tradizionale in precisione, ma la sfida continuamente con infinite nuove interpretazioni. Propongo, quindi, di esplorare i modi in cui anche le tecnologie digitali si espandono e arricchiscono il regno della fotografia in dialogo con il progetto. CONFINI VISIVI è anche sulla digital issue. Il link su Linktr.ee in bio.
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2 mesi fa
@artribune Foscarini HABITUS il progetto di light design che incrocia l’alta sartoria In questo ultimo giorno di #Designweek sono lieta di condividere la produzione nativa che ho curato per @foscarinilamps e HABITUS, il progetto che apre un nuovo capitolo della consolidata collaborazione con Andrea Anastasio, maestro nell’intrecciare arte e design.  Carlo Urbinati, presidente di Foscarini, ne spiega premesse e obiettivi: “Per un’azienda, concedersi il tempo per riflettere, intessere connessioni e tentare incursioni creative in altri mondi è un grande privilegio.” “HABITUS” è, così, una sperimentazione non vincolata dai limiti della produzione di serie, e un omaggio alla libertà creativa.
Questo percorso di esplorazione si svela attraverso l’uso di materiali come perline di vetro, paillettes, plexiglass e strisce di PET: @andranastasio li descrive come tasselli di un mosaico che, sotto la guida della luce, rivela la propria anima cangiante. Dunque la serie si compone di oggetti luminosi che sfidano la definizione di lampada, frutto di una sperimentazione che va oltre la funzionalità. 
Nel processo, Anastasio riporta la luce a una forma d’arte, creando un dialogo tra la semplicità dei materiali e la complessità delle emozioni che essi evocano. “Ho cercato di far diventare luce la materia” spiega “Il ricamo, solitamente confinato all’alta moda, diventa un veicolo per esprimere e modellare la luce in ambienti che trasformano la percezione dello spazio”.

Cruciale in questa sinergia tra illuminazione e tessuto è Amal, laboratorio di Mumbai fondato nel 2002 che riunisce oltre trecento artigiani e designer nella creazione di pezzi su misura per la moda, l’arte e il design d’interni. Lo sguardo che ho scelto per raccontare con me Foscarini HABITUS è di Alessandro Truffa @alectrif Il resto del racconto sulla digital issue. Il link su Linktr.ee in bio.
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2 mesi fa
@artribune Avanguardia e mecenatismo lo CHANEL Culture Fund celebra il talento di Julien Creuzet alla Biennale di Venezia curated by me. Sono immensamente onorata di annunciare che @chanelofficial sceglie Artribune, rappresentato dalla mia firma, come leader nazionale nell’ambito dell’editoria dedicata all’arte, in occasione della 60ª Esposizione Internazionale d’Arte - @labiennale di Venezia. In questo contesto il padiglione francese diventa epicentro dell’arte contemporanea, esaltato dal mecenatismo dello CHANEL Culture Fund. Julien Creuzet, artista dall’espressività caleidoscopica e dalle opere metamorfiche, incarna l’essenza artistica francese e presenta l’opera dal titolo suggestivo e lirico, “Attila cataratta la tua sorgente ai piedi dei pitoni verdi finirà nel grande mare gorgo blu noi ci annegammo nelle lacrime maree della luna”, una narrazione visiva carica di significati e simbolismi culturali. Creuzet, nato nel 1986, di ascendenza franco-caraibica, tessendo la sua pratica artistica con fili di poesia, musica, scultura e variegate forme di espressione, indaga le complesse maglie delle connessioni postcoloniali e la ricchezza delle dimensioni temporali. Il suo percorso si distingue per la deliberata evasione dalle narrazioni omologate e dal riduzionismo culturale, ergendosi a testimonianza palpabile di storia, tecnologia e identità personale. La direzione curatoriale di Céline Kopp e Cindy Sissokho trasforma il Padiglione in un microcosmo che specchia le concezioni artistiche di Creuzet: uno spazio dinamico di interscambio e dialogo, un punto d’incontro tra la tangibile realtà veneziana e l’universo poetico del creatore. Leggete il resto sulla nostra paper issue.
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2 mesi fa