Marco Grieco

@marco.grie

«𝙏𝙚𝙣𝙚𝙧𝙚 𝙖𝙡𝙡𝙚 𝙘𝙤𝙨𝙚 𝙗𝙧𝙚𝙫𝙞 𝙘𝙤𝙢𝙚 𝙨𝙞 𝙩𝙚𝙣𝙜𝙤𝙣𝙤 𝙞 𝙛𝙞𝙤𝙧𝙞» (D.Buzzati) ✍🏻@espressosettimanale @drepubblicait ✍🏻@vogueitalia @vanityfairitalia 👁️ @gayit 🫀🏳️‍🌈✊🏾
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💕 Arriverà il momento in cui ci stancheremo di cercare nelle #popostar le madri e apprezzeremo quello che, dal 2008, #LanaDelRey sa fare meglio. In quegli #Usa dove, almeno fino agli anni Ottanta, il destino delle ragazze era essere belle ma cadaveri, come #LauraPalmer , Lana Del Rey è stata la ragazza triste d’#America . Lana non canta la morte, ma la vita 'sweet like a cinnamon', intensa perché è una #honeymoon , una luna di miele che ci allontana da quel #DarkParadise , lì dove non potremo aspettarci aiuto da nessuno.  Così a #Lana non resta che andare via nel mezzo della festa. Come #Gatsby , che credeva nella luce verde all’orizzonte prima dell’alba. Quando basta accontentarsi di una domanda che è una promessa: «Mi amerai ancora quando non sarò più bella?» Con @marco.grie #Gayit
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25 giorni fa
È stata una bellissima serata quella di ieri al @cinemabeltrade per la proiezione di AMEN. Eravamo in tantə alla proiezione, ma il talk che ne è seguito sembrava davvero un’esperienza intima di confessione. Merito soprattutto di @_andreabaroni_ , che ha fatto un film dove tutte le cose, finanche le più piccole, sembrano pezzetti di una trama tessuta da altri, come accade spesso negli ambiti di manipolazione psicologica. @roberta_lippi , con l’occhio clinico della giornalista esperta, ha mostrato, in controluce, i contorni delle realtà dove il desiderio di essere amati prende la forma di un farmaco necessario, veleno sì ma anche medicina. Coi loro personaggi, Ester e Sara, @francescacarrain e @grgraceambrose riescono meravigliosamente a incarnare i tratti della ribellione giovane a questo mondo vetusto: lo fanno con un’espressività che dice tutto nella sua grammatica di sguardi, ammiccamenti, sfiori. Mi porto l’insegnamento che l, anche il contesto più inospitale, non può frenare la spinta naturale a sbocciare. Ed essere fiori - e vestirli, come faranno Sara ed Ester - è metafora di quell’età tutta potenza, e bella come una promessa, che solo le realtà tossiche hanno interesse a frenare. 𝙄 𝙝𝙚𝙖𝙧 𝙖 𝙫𝙤𝙞𝙘𝙚 𝙘𝙖𝙡𝙡𝙞𝙣𝙜, 𝙘𝙖𝙡𝙡𝙞𝙣𝙜 𝙤𝙪𝙩 𝙛𝙤𝙧 𝙢𝙚. 𝙏𝙝𝙚𝙨𝙚 𝙨𝙝𝙖𝙘𝙠𝙡𝙚𝙨 𝙄’𝙫𝙚 𝙢𝙖𝙙𝙚 𝙞𝙣 𝙖𝙣 𝙖𝙩𝙩𝙚𝙢𝙥𝙩 𝙩𝙤 𝙗𝙚 𝙛𝙧𝙚𝙚. 𝘽𝙚 𝙞𝙩 𝙛𝙤𝙧 𝙧𝙚𝙖𝙨𝙤𝙣, 𝙗𝙚 𝙞𝙩 𝙛𝙤𝙧 𝙡𝙤𝙫𝙚, 𝙄 𝙬𝙤𝙣’𝙩 𝙩𝙖𝙠𝙚 𝙩𝙝𝙚 𝙚𝙖𝙨𝙮 𝙧𝙤𝙖𝙙 Grazie a @fandango_official @franpesca___ @pigna66 per aver reso possibile questa magnifica serata 🙏🏽
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19 ore fa
Addio giugno, mese di Lana Del Rey, Troye Sivan, Cindy Lauper, così un po’ pazzo, un po’ acre, tenuto in vaso come i fiori recisi. Ho festeggiato il mio compleanno a lavoro, in un albergo, con un dessert 𝘰𝘮𝘢𝘨𝘨𝘪𝘰 𝘱𝘦𝘳𝘴𝘰𝘯𝘢𝘭𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭’𝘩𝘰𝘵𝘦𝘭. Mi ha fatto ricordare che omaggiarsi è difficile se - come canta Lesley Gore - non si dà a sé stessi la possibilità di dire: «𝗶𝘁’𝘀 𝗺𝘆 𝗯𝗶𝗿𝘁𝗵𝗱𝗮𝘆 𝗮𝗻𝗱 𝗜 𝗰𝗿𝘆 𝗶𝗳 𝗜 𝘄𝗮𝗻𝘁 𝘁𝗼». Addio mese del Pride, di Alan Turing, dei moti di Stonewall e della strage di Pulse… tempi di sorrisi e lacrime. Perché quando tempo e spazio s’intrecciano si capisce il valore delle cose quando sono turgide come i fiori madidi d’acqua. E celebrare la malinconia è forse un po’ accettare i limiti esistenziali entro cui scorriamo come fiumi carsici dentro noi stessi: «𝗟𝗼𝗼𝗸 𝗮𝘁 𝘆𝗼𝘂, 𝘀𝗸𝗶𝗽 𝘁𝗵𝗲 𝗮𝗽𝗽𝗹𝗶𝗰𝗮𝘁𝗶𝗼𝗻 𝗶𝗻𝘁𝗲𝗿𝘃𝗶𝗲𝘄, 𝘀𝘄𝗲𝗲𝘁 𝗹𝗶𝗸𝗲 𝗠𝗮𝗿𝗮𝗯𝗼𝘂». Non ho, quindi, una cifra di sintesi per questo mese nel segno dei Gemelli, di bassi e alti, di sadness e paradiso. Ma ho ricordato spesso Tondelli, che in 𝘊𝘢𝘮𝘦𝘳𝘦 𝘴𝘦𝘱𝘢𝘳𝘢𝘵𝘦 scrive in fondo di sé stesso «che cerca la folla, il chiaro, le luci, soprattutto la musica della disco, la gente che parla fino al mattino, i corpi che si divertono, che si urtano, che cercano di rintracciarsi e si sente esattamente come in mezzo al deserto […]. Eppure sa che, accanto a lui, anche se così abissalmente distanti da quello che sta provando, gli altri continuano i riti della vita, perdono tempo, cercano di divertirsi, di innamorarsi, di essere in qualche modo felici. E a lui questo non dispiace. È 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝗹𝘁𝗿𝗶 𝗰𝗶 𝘀𝗶𝗮 𝗮𝗻𝗰𝗼𝗿𝗮 𝘃𝗶𝘁𝗮». «La parola varca la soglia del labbro. Esce come all’alba chi monta il mercato» (Mahmood, chiello, Tedua, PARADISO) #June 🌸♊️💖🏳️‍🌈
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3 giorni fa
🏳️‍🌈🏳️‍⚧️ 𝙍𝙤𝙢𝙖, 𝙡𝙖 𝙣𝙚𝙢𝙚𝙨𝙞 𝙙𝙞 𝙁𝙖𝙨𝙖𝙣𝙤, dove ha di recente avuto luogo il G7. Colà il governo aveva scelto come simbolo «l’ulivo secolare con le sue radici solide». Per il manifesto del 𝙍𝙤𝙢𝙖 𝙋𝙧𝙞𝙙𝙚 𝟮𝟬𝟮𝟰, l’artista @sakoasko ha scelto un albero arcobaleno, che rappresenta la comunità LGBTQIA+, salda nelle sue radici nonostante gli attacchi e le violenze subite come colpi di ascia. 𝙀𝙨𝙨𝙚𝙧𝙚 𝙥𝙞𝙖𝙣𝙩𝙖 𝙤 𝙧𝙞𝙙𝙪𝙧𝙨𝙞 𝙖 𝙪𝙣 𝙫𝙚𝙜𝙚𝙩𝙖𝙡𝙚 fa una grande differenza. E questa masnada di giovanissimə, in questa liturgia collettiva, lo dimostra. Questo è il Pride dove le bandiere non sventolano sole, ma si indossano come mantelli. L’amore, le bandiere della pace, i cartelli che ironizzano contro chi, nei palazzi del potere, è ancora scettico verso la comunità LGTQIA+, danno forma a quella grande risata che seppellirà chi non crede nella diversità. Forse è proprio vero che ci vogliono 𝙜𝙞𝙤𝙫𝙖𝙣𝙞 𝙥𝙚𝙧 𝙘𝙖𝙢𝙗𝙞𝙖𝙧𝙚 𝙞𝙡 𝙢𝙤𝙣𝙙𝙤: una generazione che non teme di mostrarsi per quello che è, restituendo così al mittente quel mondo rigido, venato di patriarcato, usato come grimaldello verso tante vite. 𝙀 𝙧𝙞𝙙𝙚𝙧𝙚, 𝙚 𝙗𝙖𝙘𝙞𝙖𝙧𝙨𝙞 𝙚 𝙗𝙖𝙡𝙡𝙖𝙧𝙚 sono la migliore arma verso chi non ha ancora fatto pace con le proprie guerre interiori. 📸 Un appunto alle bellissime foto di @saranicomedi che ha saputo essere occhi e bocca di questo #romaprideofficial . La scelta di soffermarsi sui dettagli, la malleabilità dei gesti ~ che è poi la stessa necessaria al muscolo cardiaco per fare ciò che fa ~ restituisce il senso comunitario che la comunità #Lgbtqia si propone di raggiungere. Non c'è comunità che si libera senza il riconoscimento ~ occhio, bocca e mani ~ della liberazione del singolə ✍🏻 more online on @vogueitalia
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13 giorni fa
«𝘀𝗲 𝗺𝗶 𝘀𝗲𝗴𝘂𝗶𝘁𝗲, 𝗮𝗿𝗿𝗶𝘃𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗳𝗶𝗻𝗼 𝗮𝗹 𝗯𝗼𝗿𝗱𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗼𝗿𝗶𝘇𝘇𝗼𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗶 𝘂𝗻 𝗯𝘂𝗰𝗼 𝗻𝗲𝗿𝗼, 𝗲𝗻𝘁𝗿𝗶𝗮𝗺𝗼, 𝘀𝗰𝗲𝗻𝗱𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗴𝗶𝘂 𝗻𝗲𝗹 𝗳𝗼𝗻𝗱𝗼, 𝗱𝗼𝘃𝗲 𝘀𝗽𝗮𝘇𝗶𝗼 𝗲 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼 𝘀𝗶 𝘀𝗰𝗶𝗼𝗹𝗴𝗼𝗻𝗼, 𝗹𝗼 𝗮𝘁𝘁𝗿𝗮𝘃𝗲𝗿𝘀𝗶𝗮𝗺𝗼, 𝘀𝗽𝘂𝗻𝘁𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝗯𝘂𝗰𝗼 𝗯𝗶𝗮𝗻𝗰𝗼, 𝗱𝗼𝘃𝗲 𝗶𝗹 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼 𝗲’ 𝗿𝗶𝗯𝗮𝗹𝘁𝗮𝘁𝗼, 𝗲 𝗱𝗮 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝘂𝘀𝗰𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗻𝗲𝗹 𝗳𝘂𝘁𝘂𝗿𝗼» (C. Rovelli, Buchi bianchi. Dentro l’orizzonte) … Ieri, in un buco bianco ✊🏽🏳️‍🌈🇮🇹 📸 @saranicomedi ~ @vogueitalia
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17 giorni fa
🏳️‍🌈🏳️‍⚧️ Avete presente quando, di fronte all’immensità di un cielo terso, madido del sole di giugno, faticate a non chiudere gli occhi? È la stessa sensazione che ho provato io ieri al @romaprideofficial . Perché immensità è il nome collettivo per descrivere i partecipanti orgogliosi di essere liberə. Certo, in questo cielo luminoso si staglia un orizzonte poco rassicurante: le nuvole nere di un governo che ha così paura del diverso, da aver annacquato pochi giorni fa il documento finale del G7 sui diritti della comunità #lgbtqia + la dice lunga sull’incapacità e l’intenzione di molti, troppi, a non scollare dalle persone una certa idea di destino. Ma la rottura più grande la comunità #lgbtqia l’ha avuta col papa. C’era delusione nei cartelli che, con coraggio, rispedivano al mittente una parola violenta, omofoba, e la depotenziavano con ironia. C’era amarezza nei volti di chi ha percepito di esser stato messo da parte pure da Dio. È una mia sensazione, ma credo che una rottura così non sia più recuperabile: come fa un cerotto a chiudere il fendente a un cuore che continua a pulsare? A tutto questo la risposta di un’intera comunità, non solo #queer , era lì, nei volti che si dipingevano come opere d’arte, nei petti incerottati dei corpi in transizione mostrati con orgoglio, nei baci intensi d’amore. Per me l’immagine più bella è quella di Giovanni ed Emanuele, che si baciano e si stringono la mano: le dita che si abbarbicano fra loro e quasi quasi sembrano un fuoco che arde, e quasi quasi un pugno che inneggia a resistere. Resistere nell’arcobaleno, che è poi quello che il mondo ci dona dopo i nubifragi. Quella speranza che, malgrado i nuvoloni all’orizzonte, ci invita a sperare ancora in un cielo luminoso, bagnato di sole. Grazie di cuore a @saranicomedi autrice di queste foto stupende per @vogueitalia , per l’occhio allenato a ritrarre la grazia sempre nuova del mondo. Così immenso da far chiudere gli occhi 🫀 #pride
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17 giorni fa
🇪🇺✊🏻 Ci siamo svegliati con le prime pagine dei giornali che parlavano di onda nera. E se, invece, la vittoria della destra in #Francia , Afd in #Germania , o in Italia non siano che l’ultimo requiem di un’Europa che non esiste più? «Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge così diverso, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie tra i giovani» sono le parole del #Manifesto di #Ventotene , scritto nel 1941 da #AltieroSpinelli ed #ErnestoRossi , confinati per essersi opposti al fascismo. E oggi, all’#Europarlamento va #IlariaSalis , una maestra detenuta per 14 mesi in catene per essere stata antifascista in un paese, l’Ungheria, che calpesta i diritti di tante minoranze. Ilaria e la sua prigionia sono il simbolo dei giovani europei tenuti sotto silenzio. Ma la loro voce si è sentita in queste elezioni europee in cui è andato a votare meno del 50% degli aventi diritto: gli under 30 hanno votato Pd, 5 stelle, soprattutto Alleanza Verdi Sinistra, un partito che nel 2019 non c’era neppure. E che invece oggi traina nuovi volti, consapevoli delle strada da fare e del futuro da costruire. E allora #Amen a questa #Europa di idoli rotti come canta, in nome della black community, #Beyoncé : «Le statue che avete costruito erano belle, ma menzogne, purificheremo i peccati dei nostri padri. Le vostre vecchie idee sono ormai sepolte» Anche qui, nella vecchia Europa, un requiem può essere un nuovo inno. #gayit
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21 giorni fa
«La chiesa è un ospedale da campo» diceva #Francesco nel #2013 , a pochi mesi dall’elezione. Quando, cioè, descriveva la chiesa cattolica come una tenda aperta a tutti, non un club riservato a pochi. Ai #cattolici col complesso dei primi della classe, quella metafora ricordava che la chiesa non si formalizza sullo stato di salute, ma agisce per fermare emorragie, dare sollievo in quel campo di battaglia che è il mondo. È stato, perciò, triste sentire da quella stessa bocca, undici anni dopo, l’invito a respingere i candidati omosessuali dai seminari perché «c’è troppa aria di fr*ciaggine nella chiesa». Il succo delle dichiarazioni divulgate dal sito #Dagospia e poi rilanciate pochi giorni fa da tutti i giornali italiani sta tutto qui, in una frase volgare e sgrammaticata, che ha ferito la sensibilità di chi, in questa chiesa, sta come un ospite scomodo e chi, dentro di essa, combatte la sua lotta silenziosa. «Il Papa non ha mai inteso offendere o esprimersi in termini omofobi, e rivolge le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l’uso di un termine, riferito da altri» ha dichiarato il portavoce della sala stampa vaticana in una nota. Come se le scuse bastassero a cancellare l’insulto, che è poi come versare acqua sulla terra già bruciata. Articolo completo di @marco.grie su www.gay.it #gayit
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1 mese fa
In principio, la parola. Diffusa e senza censura. Su tutte le prime pagine, dal web alla carta, non curanti dell’insulto. Quel suffisso 𝘢𝘨𝘨𝘪𝘯𝘦 che - spiega Treccani - è la sfumatura di un insulto, che un papa italoargentino ha fabbricato come i bambini fabbricano le invettive fra i banchi. In-curante [forse in-fantile] che le parole sono bisturi. Poi lo spazio. Il “conclave” con oltre 200 vescovi italiani. Quattrocento orecchie, più qualcuna elettronica, che registra, poi salva. Per incastrare il papa in pubblico, mai contestarlo in segreto. Perché se un protagonista c’è, in questo pasticcio vaticano, è l’episcopato italiano, tutto. Molti vescovi italiani sono omofobi. Tuonano dalle diocesi, si passano insulti di bocca in bocca. Usano l’indice di gradimento del papa come termometro del loro potere. In fondo, il potere nella gerarchia è una coperta corta da accaparrarsi. A giugno, ma è più probabile che slitterà tutto a ottobre, la Cei emanerà il nuovo documento sull’ammissione dei candidati al seminario. Forse pochi ricordano che nel 2021 alcuni preti scrissero una lettera ai loro vescovi: basta omofobia, basta persecuzioni! Nei mesi scorsi, a porte chiuse, c’è stata una spaccatura notevole: alcuni chiedevano una linea morbida sui giovani omosessuali con vocazione. Altri una linea più dura. Chissà quante parole infelici sono volate, ma non c’era nessun registratore a captarle! Ma ora, se lo ha detto il papa, chi potrà essere morbido? Chi oserà “scandalizzare” gli sparuti italiani, spesso atei devoti, che sognano le lenzuola pure come altari? Francesco non ha giustificazioni alle sue affermazioni volgari. Malgrado l’italiano maccheronico. Eppure non credo che il problema sia lui. In una struttura sistematica di potere, il problema è fra quei vescovi. Duecento stole e quattrocento orecchie che decidono di stare in silenzio e parlare con la voce del papa fuori. Quando strumentalizzi così una persona, manchevole di coraggio, non sei altro che un Pietro qualunque. Che rinnega la croce che porta, e si accontenta del postumo senso di colpa. Solo che a esser crocifissi lì, sono tutti i fr***i, che loro guardano così miopi, da scambiar Cristo per ladroni.
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1 mese fa
Sarà che sono nato su un collina da cui si vede il mare, ma ho percepito la mia esistenza sempre come un’identità 𝙞𝙣 𝙗𝙚𝙩𝙬𝙚𝙚𝙣, dall’accento ibrido. Con mia nonna parlavo il dialetto e leggevo libri in italiano. A casa parlavo italiano e tra i banchi mi sentivo strano a non parlare il dialetto. Eppure lo conoscevo. E lo trattavo col velluto con cui si maneggiano le sapienze racchiuse negli amuleti. 𝘼𝙣𝙙𝙖𝙧𝙚 𝙫𝙞𝙖 per studiare “al Nord” è stato solo l’epilogo di un viaggio che era iniziato già prima. Quanta tristezza per ogni partenza? Quanta pena per un pezzetto di anima che immaginavo avrei dovuto lasciare nei miei luoghi da bambino? Chi mi ha insegnato a dividermi il cuore come Voldemort? Forse le parole degli altri, di chi ti dice “sei giusto o sbagliato”. Poi ho lasciato parlare i miei passi: chilometri e chilometri macinati in pullman, distanze che trasformavano il sole in nebbia, l’aria in afa. E ogni meta sembrava un capriccio buono per scegliere una parte del tutto, come se fosse sbagliato essere 𝙞𝙣 𝙢𝙚𝙯𝙯𝙤 𝙖𝙡 𝙜𝙪𝙖𝙙𝙤. 𝙀𝙨𝙨𝙚𝙧𝙚 𝙢𝙞𝙜𝙧𝙖𝙣𝙩𝙚 è una grande fregatura, perché è la storia buona che ti raccontano per alimentare la nostalgia che non ti fa dormire. Il contenitore perfetto per le notti del senso di colpa di essere un po’ lì, un pò qui, strappato in due fra desiderio di radici e paura del ritorno. Eppure, il Mediterraneo che ci bagna c’insegna ad 𝙚𝙨𝙨𝙚𝙧𝙚 𝙨𝙥𝙤𝙣𝙙𝙚, non terra da occupare, beni da possedere, persone da comprare. Semplicemente sponde che, dalla prima orma, possono insufflare sapore di casa. E la vera casa, quando la si vive, ha bisogno di aria dalle finestre, non di manutenzione. L’ho capito con qualche anno di ritardo. Eppure il mare stava lì, a ricordarmelo ogni giorno. Aveva ragione il cantore dell’ottava siciliana: 𝘼 𝙡𝙪 𝙢𝙖𝙧𝙞 𝙢𝙚 𝙥𝙪𝙧𝙩𝙖𝙩𝙞 𝙘𝙞 𝙫𝙪𝙡𝙞𝙩𝙞 𝙘𝙪 𝙢𝙚 𝙨𝙖𝙣𝙖𝙩𝙞 🌊 grazie a @we_mediterranean per il talk con @saifuraja . È bene ricordare che siamo tuttə migranti. Che senza migrazione, non c’è scoperta. E senza scoperta, malgrado tutto, le nostre case saranno sempre piccole e inadatte agli ospiti. ___ Dress @maragnostudio Photo @francesco_caredda
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1 mese fa
✝️💥 Non lo ammetteremo mai fino in fondo, ma #Madonna ha avuto un impatto sulla fede delle persone credenti e #queer . Forse potremmo confessarlo – suggerisce la regina del pop – su una pista da ballo, lì dove non resta che saltare come nella canzone Jump: «Are you ready? Yes, I’m ready». Ma poi, divisi tra Like a Virgin e il Magnificat, custodiamo Madonna e la nostra fede come il più temibile dei segreti, salvo poi liberarcene cantandolo nelle nostre camere - che nel frattempo sono diventati monolocali presi con un mutuo - con lo stesso compiacimento dell’italiano etero basico che ride sotto i baffi quando sente il nome di battesimo di Madonna Louise Veronica Ciccone, in riferimento alle sue origini abruzzesi. Eppure questa rubrica di Gay.it si chiama Cristo Queer perché, nell’esperienza di fede delle persone LGBTQIA+, si può sognare una chiesa che contempli Like a Prayer e l’Ave Maria come a due modi diversi di scrutare Dio. Sia Cristo nel sacro che Madonna nel profano ci insegnano, cioè, a uscire fuori dalle cornici. Madonna lo ha fatto, uscendo dalla gabbia di un cattolicesimo dove vergogna e pentimento sono così impastati da cancellare qualsiasi misericordia: «Una volta che sei cattolico, sei sempre cattolico in termini di sensi di colpa e di rimorso, che tu abbia peccato o meno. A volte sono devastata dal senso di colpa, anche quando non ne ho bisogno, e questo per me deriva dalla mia educazione cattolica» dichiarò in un’intervista a Rolling Stones nel 1989. Pochi giorni prima era uscito il suo singolo Like a prayer il cui video, secondo il saggio Religion and Popular Culture di Santana ed Erickson, ha ispirato «più di ogni altro video musicale un’analisi dei suoi profondi significati religiosi». Like a prayer è un inno alla fede queer. #gayit
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1 mese fa
𝟭𝟳 𝙢𝙖𝙜𝙜𝙞𝙤: 𝙂𝙞𝙤𝙧𝙣𝙖𝙩𝙖 𝙄𝙣𝙩𝙚𝙧𝙣𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙖𝙡𝙚 𝙘𝙤𝙣𝙩𝙧𝙤 𝙡'𝙤𝙢𝙤𝙛𝙤𝙗𝙞𝙖, 𝙡𝙖 𝙗𝙞𝙛𝙤𝙗𝙞𝙖 𝙚 𝙡𝙖 𝙩𝙧𝙖𝙣𝙨𝙛𝙤𝙗𝙞𝙖 Oltre le sbarre, la mancanza di tutela delle persone transgender detenute crea delle vere e proprie forme di 𝙨𝙚𝙜𝙧𝙚𝙜𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚, non solo fisica. In Italia le carceri che accolgono persone transgender sono sei, di cui quattro al nord, uno al centro, uno al sud. Secondo le ultime stime dell’associazione Antigone (𝗳𝗼𝗻𝘁𝗲: 𝗗𝗶𝗰𝗶𝗮𝗻𝗻𝗼𝘃𝗲𝘀𝗶𝗺𝗼 𝗿𝗮𝗽𝗽𝗼𝗿𝘁𝗼 𝘀𝘂𝗹𝗹𝗲 𝗰𝗼𝗻𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗱𝗲𝘁𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲. 𝗜 𝗱𝗶𝗿𝗶𝘁𝘁𝗶 𝗟𝗚𝗕𝗧𝗤𝗜+ 𝗶𝗻 𝗰𝗮𝗿𝗰𝗲𝗿𝗲), le persone transgender detenute in Italia sono 72, di cui 69 in sezioni protette omogenee riservate a persone transgender, 2 collocate in una sezione promiscua, 1 collocata in isolamento circondariale. 𝙇𝙖 𝙙𝙞𝙜𝙣𝙞𝙩à 𝙙𝙞 𝙪𝙣𝙖 𝙥𝙚𝙧𝙨𝙤𝙣𝙖 𝙥𝙖𝙨𝙨𝙖 𝙙𝙖𝙡𝙡𝙤 𝙨𝙥𝙖𝙯𝙞𝙤. Quando lo scorso anno ho realizzato quest'inchiesta per @espressosettimanale ho intervistato @porporamarcasciano presidente onoraria del Movimento Identità Trans (MIT) di Bologna, che nell'81 era stata reclusa al Regina Coeli per un filo di trucco: «Quando entri in carcere varchi la porta dell’inferno, è una sensazione che non riesci più a toglierti di dosso, fatta di impotenza e disperazione» mi disse. La stessa 𝙨𝙚𝙣𝙨𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 𝙙𝙞 𝙞𝙢𝙥𝙤𝙩𝙚𝙣𝙯𝙖 si respira ancora oggi: le "sezioni protette" per le detenute trans sono veri e propri luoghi di isolamento. In un sistema che riflette il binarismo della società e che, quindi, discrimina, manca la cura della salute mentale di cittadinə. Manca lo Stato che tutela i diritti. Nel padiglione Roma del carcere napoletano di Poggioreale [oggi in ristrutturazione] nel 2010 in due settimane tre detenute trans si tolsero la vita. L’ultima, Francesca, aveva solo 34 anni: preferì porre fine alle sue sofferenze inalando il gas da una bomboletta in dotazione nella cella. Le carceri sono un argine al 𝙥𝙧𝙤𝙘𝙚𝙨𝙨𝙤 𝙙𝙞 𝙡𝙞𝙗𝙚𝙧𝙖𝙯𝙞𝙤𝙣𝙚 e transizione per una persona transgender, che così diventa «𝙨𝙚𝙜𝙧𝙚𝙜𝙖𝙩𝙖 𝙙𝙪𝙚 𝙫𝙤𝙡𝙩𝙚». More online su 𝙡𝙚𝙨𝙥𝙧𝙚𝙨𝙨𝙤.𝙞𝙩
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1 mese fa