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The new men’s magazine of la Repubblica. 13th June, out today! #UlaRep
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OBSESSIONS Non chiamatelo beige. In un’epoca che celebra “quiet luxury” e durabilità, il guardaroba maschile mescola tonalità di colori naturali. Ciò che all’apparenza sembrerebbe un accostamento sbagliato, diventa un tratto moderno e sofisticato. Dal trench ai capi sportivi, fino alla sovrapposizione di maglie di nuances diverse: sabbia, nocciola, cammello. Photo @seanalexandergeraghty Style @tommasopalamin Talent @aureliobaiocco — 01 - Double coat with hood in woolen cloth, serafino shirt in cashmere and cotton t-shirt, all @lardiniofficial 03 - Sweater in wool and cashmere, @lorenzoni_official . Leather pants, @zegnaofficial 04 - Jacket and vest in wool, @woolrich 05 - 4 Ganci jacket in corduroy, @fayarchive 06 - Leather bomber jacket, cashmere turtleneck and nabuk bag, all @brunellocucinelli_brand 07 - Fleece jacket, @antonymorato_official . Denim pants, @magliano.insta . Double braided leather belt, @brunellocucinelli_brand 08 - Jacket Quill Thermo Heavy in Nylon, @kway_official 09 - Balaclava in cashmere blend, @l.b.m.1911_official 10 - Melon bag in garnet leather, @fendi
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17 ore fa
«Dobbiamo vedere la sostenibilità non come un costo, ma come un mezzo per ridare il giusto valore alle cose. Se il capitalismo funziona bene, allora sarà il più grande acceleratore in ottica di sostenibilità. Tutti devono sapere che se comprano una maglietta di cotone a 5 euro, c’è qualcosa che non va: quello non può essere il giusto valore», afferma Lorenzo Bertelli, Head of corporate social responsibility del gruppo @prada . «Finora parte del mondo della moda ha chiuso un occhio sul welfare delle persone e la sostenibilità pur di far comprare tanto a poco. Ma non va più bene, dobbiamo smontare la grossa illusione che tutti possiamo permetterci tutto». ‌ Concorda @matteo.ward , imprenditore impegnato nel campo della moda sostenibile: «Spesso nelle scuole mi dicono che un vestito è troppo caro. Ma non è che ci siamo abituati al fatto che tutto nella moda veloce costa troppo poco? Ci stiamo dimenticando il reale valore delle risorse umane e naturali per realizzare qualcosa. Il primo step è riconsiderare il valore di un prodotto, ma questo va raccontato bene». ‌ L’intervista di Giacomo Talignani (@cactus_by_jack ) su U.
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1 giorno fa
Mettili allo stesso tavolo e fonderanno un partito. Il programma ce l’hanno già: una moda più sostenibile e quindi capace di ridare il giusto valore alle cose. Se così fosse, «nel partito entrerebbe anche mia madre Miuccia», scherza Lorenzo Bertelli, manager ai vertici di @prada , sorridendo a fianco di @matteo.ward , fondatore di Wråd e autore di “Junk: Armadi pieni”, documentario che accende i riflettori sul fast fashion e sulla sua ormai conclamata insostenibilità. ‌ Non si conoscevano, li abbiamo fatti incontrare per la prima volta: un confronto sul futuro dell’industria fashion tra chi, come Ward, veniva dalla moda ma l’ha lasciata per raccontarne il lato oscuro e chi, come Lorenzo, da quando è diventato head of corporate social responsibility del gruppo Prada, investe sempre più in progetti di sostenibilità quali “Re-Nylon” (recupero dei rifiuti plastici per produrre capi) e “Sea Beyond”, programma educativo sugli oceani. Fra loro si direbbe sia scattata una scintilla. ‌ L’intervista di Giacomo Talignani (@cactus_by_jack ) su U.
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2 giorni fa
«Non se ne può più. Hanno successo solo i libri delle donne. Scritti da donne, che parlano di donne. In questo mondo tutto storto, stiamo invalidando il ruolo decisivo che hanno avuto, nella storia della letteratura, gli uomini. La Bibbia, per esempio, è opera di Dio. E la Divina Commedia, di Dante. E D’Annunzio? E Foscolo? Certo, loro avevano molta più libertà. Mentre oggi, oggi perfino uno bravo come Leopardi verrebbe denunciato da Silvia per stalking. ‌ Il ragionamento è semplice, logico, e le @eterobasiche ce lo consegnano così: le donne esistevano pure a quei tempi. C’erano già. Perciò, se gli uomini avevano più successo era perché scrivevano meglio. Gli uomini, anzi: i maschi. Schiacciati da una macchina del fango che li spodesta, indebolisce e continuamente ridicolizza. ‌ Quando sono apparse in video per la prima volta, era il 2021, le Eterobasiche – Maria Chiara Cicolani e Valeria De Angelis – facevano l’effetto di una distopia. Intelligenti, scorrette, credibili nei panni dei maschi etero e coatti in dialogo fra loro». ‌ L’intervento di @valentina_farinaccio su U nella rubrica “La stanza degli ospiti”, che ogni mese ospita un editorialista diverso.
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4 giorni fa
«Il mio superpotere è entrare in contatto con le persone», dice il fotografo finlandese @juusowesterlund . «Da bambino volevo fare l’archeologo. Crescendo ho capito che fare l’archeologo è stare seduti, leggere tanto, ed è una cosa molto diversa da come me l’ero immaginato, alla Indiana Jones. E poi in Finlandia non è come in Italia: non c’è il Colosseo e il massimo che trovi è qualche piccolo pezzo di pentola in mezzo al fango». ‌ A 22 anni sarebbe dovuto andare in India, ma poi per caso («Senza lavorare, dovevo almeno iscrivermi a una scuola per non perdere i sussidi») si candida alla University of Art di Helsinki: «Non avrei mai pensato di entrarci, ma alla fine è andata così. E ho comprato una macchina fotografica». Forse tra archeologia e fotografia qualche legame c’è. «Il tempo, ma è diverso». ‌ L’intervista di Giovanni Montanaro (@giovanni.montanaro83 ) su U.
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5 giorni fa
@petercopping è il nuovo direttore artistico di @lanvin : sarà responsabile creativo delle collezioni donna e uomo a partire da settembre 2024. Laureatosi alla Central Saint Martins e al Royal College of Art di Londra, lo stilista ha iniziato a Sonia Rykiel prima di trascorrere più di un decennio presso Louis Vuitton come responsabile del prêt-à-porter femminile al fianco di Marc Jacobs. È stato poi nominato direttore creativo di Nina Ricci a Parigi e di Oscar de la Renta a New York. Più di recente, ha diretto l’Haute couture di Balenciaga.
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6 giorni fa
@juusowesterlund ha iniziato a fotografare i suoi figli come fanno tutti, ma poi si è accorto che quei ritratti avevano qualcosa di universale: «Non devi essere un papà come me per capirle, basta essere stato bambino». E così è nato “Heartbeats”, immagini che indagano la paternità con lo sguardo di chi ha vissuto una mancanza. ‌ «Non che abbia avuto un’infanzia difficile, i miei erano separati, e mio padre era completamente assente. Non ho suoi ricordi», racconta Westerlund. «Gli unici che ho sono i rumori; lui che va al bagno alle sei del mattino, lui che mette in moto la macchina. Non ho avuto un modello, ho dovuto fare da me. Io invece vorrei essere un buon padre, non so se lo sono. Ci provo». ‌ L’intervista di Giovanni Montanaro (@giovanni.montanaro83 ) su U.
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6 giorni fa
𝗩𝗘𝗖𝗖𝗛𝗜 𝗔𝗠𝗢𝗥𝗜 Non solo il Signor Strauss, il merito dei Levi’s 501 è anche del sarto di origini lettoni Jacob Davis, che nel 1873 applicò i rivetti in rame ai pantaloni da lavoro facendoli diventare il capo simbolo del XX secolo. A scattarli per U è il fotografo francese Charly Gosp, che per questa stagione immortalerà i pezzi vintage più amati del guardaroba maschile. … Photo @charlygosp Style @giovannidariolaudicina Set Design @lunekuipers Style Assistant #NicoloPabloVenerdi — Levi’s 501, @levis
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7 giorni fa
@jim_belushi , che ha appena compiuto 70 anni, ha creato la Belushi Farm, factory dedicata alla coltivazione della marijuana terapeutica, raccontata in “Growing Belushi”, serie in attesa della quarta stagione su Discovery Channel. «Ho comprato quella terra in Oregon perché un amico viveva lì. E un giorno mi sono detto: cosa posso farci? Poi ho scoperto le proprietà terapeutiche della marijuana, gli effetti benefici sui malati, chi soffre», racconta Belushi. «Ho incontrato centinaia di persone e sentito le loro storie. Appena è stata legalizzata in alcuni Stati Usa, ho pensato che dovevo fare qualcosa. Ed è nata questa piccola factory-boutique, ci lavorano 15 persone e vogliamo essere un esempio. Come provo a raccontare, con ironia e un po’ di spettacolo, in Growing Belushi». ‌ L’intervista di Giovanni N. Ciullo (@gienneci ) su U.
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8 giorni fa
@jim_belushi , dalla sua villa a Martha’s Vineyard, racconta che la vita a volte è meravigliosa. Che lui ha imparato con il tempo a farsi voler bene e che la cosa più importante è far sorridere e far stare meglio gli altri. ‌ «Anni fa mi successe una cosa che mi fece male. Non so perché, ma dissi no a un ragazzo che mi aveva fermato per chiedermi un autografo. La mia publicist di allora, ragazza meravigliosa, disse brusca: “Perché non lasci che ti amino, Jim?”. Da allora cerco di vivere il mio ruolo provando a far di tutto perché le persone si sentano bene», racconta Belushi. E quando gli si chiede con che donna oggi vorrebbe uscire a cena risponde: «Mia figlia». ‌ L’intervista di Giovanni N. Ciullo (@gienneci ) su U.
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9 giorni fa
Con una mossa che ha pochissimi precedenti, @driesvannoten saluta, ringrazia e se ne va. Quella di sabato sera, come ampiamente annunciato, è stata la sua ultima sfilata alla guida del marchio che porta il suo nome fondato nel 1986, e diventato il simbolo di un’eleganza vera, non allineata, ricca ma non urlata. Van Noten, che ha iniziato la sua carriera come membro degli Antwerp 6, il collettivo creativo belga che negli anni 80 ha travolto la moda, ha scelto di lasciare la scena al massimo dello splendore. Nel 2022 ha venduto il suo marchio a Puig, spiegando che per lui era arrivato il momento di fermarsi. E così a 66 anni ha fatto, con una sfilata che non è stata nè nostalgica nè celebrativa, ma bella, portabile, forte, moderna. In prima fila ad applaudirlo i colleghi Pierpaolo Piccioli, Thom Browne, Diane Von Furstenberg, Glen Martens, Neil Barrett, Haider Ackermann e Ann Demeulemeester. Poi, finito lo show, è partita la festa, allegra e scatenata. In attesa di sapere chi sarà il suo successore. Ma per ora, gli occhi sono, per l’ultima volta tutti su di lui. di @seretibaldi #DriesVanNoten #DVNSS25 #PFW
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10 giorni fa
@soniasieff ha incontrato 80 uomini, perfetti sconosciuti, che si sono messi letteralmente a nudo per lei. Ne è nato un libro fotografico (“Rendez-vous!”, che è anche una mostra itinerante) sul corpo dei maschi. Atletici o decadenti, etero o gay, con radici culturali e origini diverse. L’obiettivo? Far cadere armature e stereotipi grazie allo sguardo femminile. ‌ «Guardo i nudi maschili con amore, benevolenza, umorismo, cercando di non oggettificare né erotizzare il corpo, come non vorrei venisse fatto alle donne», racconta Sieff. «Editori, scrittori, registi, fotografi sono sempre stati in gran parte uomini, che prediligono il nudo femminile. La rappresentazione dei maschi è più rara. Era diffusa nell’antica Grecia, lo è nell’immaginario omosessuale, ma nella società contemporanea rimane un assurdo tabù. Durante questo lavoro, mi sono sentita persino più volte ripetere: “Sonia, un uomo nudo non è bello”». ‌ L’intervista di Francesca Ferri su U.
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11 giorni fa