Incredibile: i divi sono persone in carne e ossa come lo siamo noi e vivono nelle città esattamente come ci viviamo noi. Va da sé che certe città del mondo siano più abituate a vedere i divi gironzolare per strada: quello che a Los Angeles è la norma finisce, infatti, col diventare un’eccezione a Roma, dove è comunque facilissimo incontrare gli attori di casa nostra al ristorante o al mercato. Nell’ultimo periodo a destare particolare curiosità è stata la presenza di
#HarryStyles non solo nel nostro Paese, ma anche in location tutt’altro che esclusive come il mercato di Porta Portese, dove Styles è stato avvistato tra le bancarelle, o la Coop di Orbetello. Cosa c’è di straordinario in questi avvistamenti? Assolutamente niente, tranne per il fatto che Styles sia un artista da milioni di follower e da milioni sul conto in banca che si comporta come un normalissimo cittadino. Eppure, dai suoi più piccoli gesti, i giornali italiani sembrano da una parte incuriositi e dall’altra sconvolti: ma perché? È probabile che il cortocircuito sia legato a quell’aura di internazionalità verso la quale abbiamo sempre mostrato una certa venerazione: ciò che funziona e strega l’estero da noi viene percepito come un miracolo irrevocabile che ha bisogno di essere tributato come merita. Harry Styles è, sì, una star che canta e recita, ma anche un ragazzo inglese di 30 anni che, al di là dei privilegi di cui potrebbe godere, sembra intenzionato come molti suoi colleghi - pensiamo a Keanu Reaves - a non rinunciare al contatto con la realtà che è costato caro a molti divi di Hollywood, talmente alienati da ciò che li circondava da finire risucchiati in scandali di bassa lega. Forse la cosa migliore da fare sarebbe smettere di scandalizzarci per il fatto che Styles sia una persona come noi e provare semplicemente a parlarci rimanendo estasiati da come sappia utilizzare bene il congiuntivo, portandoci a casa un aneddoto da raccontare ben più interessante di un video postato su TikTok.
di
@mariomanca89
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