Gli amici mi chiamano “Ice Princess”, la principessa di ghiaccio. E non perché porti spesso i capelli dello stesso colore di Elsa di Frozen, ma perché non mi faccio dominare dalle emozioni. Le vivo fino in fondo, sia chiaro.
La felicità, la tristezza, l’entusiasmo, la nostalgia, il dolore… lascio che mi riempiano, tuttavia salvaguardo il
ponte di comando della nave: quello spazio deve rimanere sgombro per l’azione, in caso di imprevisti.
Avevo l’impressione che una marea scura si stesse allargando dentro di me e arrivasse a lambire il ponte. Non mi ero mai dovuta sforzare per rimanere razionale, quella volta sì.
“Che stupida” è una storia di dolore e rinascita, la mia. Con un finale inatteso.
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