Ho sempre legato il nutrimento alle mie radici.
Se penso a casa, penso spesso a un piatto. Anche vuoto.
La mia immagine di nutrimento ha tratti molto delicati
Mangiare invece dovrebbe essere un azione feroce
Un’azione di appropriazione,
come di mettere a dovere il fatto di esistere, imporsi la vita, cercarla, dedicarsela.
Che poi a volte mi viene la paura che indietro non ci sia altro che una serie di immagini
Le immagini sono pericolose, più dei suoni, più dei volti.
Le immagini assuefano i ricordi ed io ho la netta sensazione che su questo
mi sia ormai incastrata da sola.
Ieri mi è stata fatta una constatazione che ha dato calma all’agitazione di questi giorni
-La mancanza di morte è comunque un lutto
Oggi, con questo pensiero, accolgo l’abbandono con difficoltà ma con meno timore rispetto a un tempo.
Ho avuto spesso in viaggio la sensazione di esser stata allontanata ma inizio a pensare di esser sempre stata io ad essermene andata.
Mi sono creata le mie storie, intrecciate e sovrapposte, radici storte e luoghi capaci di aspettarmi che in fin dei conti ora mi stringono la vita più del dovuto.
Molto spesso perdiamo le energie per far parte di cose che non funzionano quando intorno a noi, sono percorribili distese lontane da dove ci si è perduti.
È nobile arrendersi, accettare di farlo, lasciare andare le cose che non sono più in grado di riconoscerci senza quella tentazione protezionista di salvare a tutti i costi qualcosa
Cercare sempre di lasciare un mare congedandosi con dolcezza solo per togliersi lo scrupolo di avere qualche colpa. Ma Perdere la propria innocenza per paura di un dolore falsato o essere uomini e vivere come un’isola, Quale spreco è mai questo?
Se il vostro mare non sa vedervi allora accertatevi di salpare la notte con il dolore addosso e senza colpe sul volto.
La mancanza di morte è comunque un lutto.
Accorgitene prima che sia troppo tardi, la tua strada potrebbe esser ferma ormai e non saprai più come chiederti perdono.
Bisogna essere uomini
Uomini stabili,
Uomini fragili,
Uomini sazi.
La parola sazietà è una parola miracolosa.
Il dolore rende piccoli i nostri mondi
Ma si dice Basti In qualche maniera farsi spazio per ridare un nome al proprio abitare.
Un uomo oggi mi ha detto che venire al mondo non basta. Poi ha smesso subito di parlare mentre gli occhi si arricciavano come una noce.
Sembrava sazio di qualcosa, ma di cosa precisamente non sapeva dirlo
Esser contenti di sapere che esiste un assenza in grado di restare
Accettare che esista al mondo un faro pronto a morire e qualcuno che di parole da me ne ha avute tante e adesso non ne vuole più
Morire e amore sono parole abusate come abusata è la libertà di chi non ha cura.
Le feste in onore dei sogni non te le fa nessuno
Si pensa contando in tre lingue, la tua, la mia e quella dei figli.
oggi i miei ritorni Son clementi ed io con me, mi attorciglio, mi immondo, inondo di luce e voci.
Che poi sarei anche una buona madre, con la mia visione d’innocenza e accanto un uomo fragile
Accanto è una parola con le pieghe sui bordi, come quelle nei fogli quando bisogna tenersi il conto delle cose trattenute
Sono cresciuta accanto a un uomo fatto di miniature e ho imparato che la parola entusiasmo
Significa Abitato da Dio.
Quest’uomo abitato da Dio mi ha svelato che arriva un giorno in cui ci si deve perforza stancare della fede,
e che una volta stanchi, giunge il momento di andarsene
Ma Come si fa ad andarsene?
Come si consuma la fede in un Dio? in un Dio che abbraccia tutta quanta una vita
Si, questa -disse- è una domanda onesta. La parola Onesta è la perversione della parola ingenua. Più esigente, più ferita.
La fede che provi è giusta
se ti mostra il momento esatto in cui farsi abbandonare.
-questa è stata la risposta di un uomo
abitato da Dio.
Sarebbe questa tua carezza lunga
Che si ferma sulle tempie
Nel cerchio del tempo buono,
Due sguardi riversati in un corpo
Uno stare senza dimora
Che ci rende sottili
Come questo sentiero di matita
da me, da te
ne dopo, ne dove
Tu ti volti
Quando ti dico
Guardami bene
L’albero è capovolto
e le mie radici infuriano verso i cieli.
Accogliere l’abbandono e farsi piccoli
come mandorle all’interno
Avere la sensazione di cercare con la propria pelle
Rispettare il gesto
e fare pace su una collina
cadendo nel dolore.
Perché si cade nel dolore
Ma soltanto per poco
come si scivola
in tutte le cose,
come si scivola
in tutte le altre cose
Nei suoi sguardi la bellezza stramba della premura, la perseveranza di tenere larga la vita.
Ricordo che quando ero piccola, un giorno ero sdraiata a terra e il cielo divenne qualcosa su cui si poteva cadere.
Affondavo le dita nell’erba per tenermi salda mentre il cielo diventava profondo e le nuvole più lente, finché tutto si sospese in un minuto di terrore assoluto.
Stavo cadendo nel cielo.
Poco tempo fa, Mi è capitato nuovamente e mi sono ritrovata bambina
Mi perdo a pensare a Cosa feci per avere quella proiezione così piccola, tanti anni fa. Quali cose mi furono promesse e negate, o date per perdute
Da dove proveniva questa vertigine, questa sensazione di rinuncia?
Rinuncia. Che parola strana.
È bello sentirsela addosso
Si, a volte è buono sapersi rinunciare.
La rinuncia non è perdizione, piuttosto un affidarsi con una certa devozione verso qualcosa d’incompiuto.
Quando i gitani mi portarono alle cascate di Aigues-Mortes per la prima volta, intonammo Djelem fino all’alba .
Spesso i loro itinerari variano per seguire le cascate. Sono un luogo sacro perché rappresentano la rinuncia della terra, il suo stato più innocente e vulnerabile.
Una delle donne venne da me chiedendomi dolcemente di lasciarmi cadere ed io Piansi molto quel giorno sentendomi debole, aperta ai colpi, alle cadute
La resa è una facoltà sacra ai Monouches. La loro vita non è altro che la ricerca di questo luogo salvo in cui poter esser deboli, abbandonabili
Abbandono
questa parola grande che abbraccia le vite di tutti
Questo è per me:
Io che cado nel cielo
e la premura che intona una canzone
E allora penso in fretta, senza poter smettere di inventare. È perché sono ancora molto giovane, e se mi sfiorano o non mi toccano, io lo sento- riflettevo.
Pensare adesso per esempio, a ruscelli biondi. Proprio perché non esistono ruscelli biondi, È così che si fugge.
Ringrazio l’ingenuità che mi consegna le parole che mi servono
E non c’è altro da dire, se non riconoscere il punto esatto in cui vuoi farle arrivare,
Per occupare quella porzione di campo dove mettersi al riparo dalle nostalgie che prendono la rincorsa
come ladri dietro un angolo
Sento chi sono e ciò alloggia sulle labbra, sulla superficie delle braccia, e corre dentro, anche ben dentro al mio corpo; lo seguo come fosse un filo ma dove arriva, dove finisce, proprio dove non so dirlo. Il suo gusto è grigio, azzurro tra i bordi, nei ricordi vecchi un po’ arrossato e si muove come vento, piano piano.
A volte si fa acuto, mi urta, mi ferisce. Pensare adesso al cielo azzurro, per esempio, come fosse una prima volta.
Forse mi amavo, e mi pensai lontana, d’improvviso.
Sì, sentivo dentro di me un animale perfetto e mi ripugnava, un giorno, doverlo lasciare libero.
Le cose hanno ceduto, si addolciscono e si dileguano.
Quando emerge, la vita è una sconosciuta che non sa cosa sentire.
Nulla la circonda, ancora non conosce.
Si muove lentamente,
senza fretta e per lungo tempo.
Tutto, tutto- si sussurra dolcemente.
E poi lo ripete ancora.
A volte nel letto dei ricordi si stringe come in un ventre smarrito
Affonda gli occhi nella terra alla ricerca delle piante che si torcevano
strette come vipere.
All’unisono si ansimava
ai margini di un tempo unito.
Poi nacque l’alba
e tutto
sapeva ancora di ingenuo
We are proud individuals living on the city
But the flames couldn't go much higher
We find gods and religions to
To paint us with salvation
But no one
No nobody
Can give you the power
To rise over
Through this iron sky
That's fast becoming our minds
Over fear and into freedom
Oh, that's life
Left dripping down the walls
Of a dream that cannot breathe
In this harsh reality
Mass confusion spoon fed to the blind
Serves now to define our society
From which we'll rise over love
Over hate
From this iron sky
That's fast becoming our minds
Over fear and into freedom
Over fear and into freedom
#ironsky
La sua casa è l’elenco delle vite che non ha saputo lasciarsi andare.
La mia sarà simile. Ho pensato. Museo distorto da un affetto che dona importanza a ciò che ha la consistenza di un soffio. A volte, mentre disegnava, mi coprivo il viso come se sentissi che qualcuno potesse rubarmi la pelle.
Vedi qualcosa? Gli chiedevo
Senso di colpa. Rispondeva
Era chiaro, da come mi guardava, che parlasse di se’.
Quando gli dissi che sarei partita, piansi in un modo così naturale.
Pianse anche lui, ma non capii perché. Se per quello che lasciavo o per tutto quello che non sapevo trovare.
Tenne fra le dita le lacrime come fossero un tempo perduto, aprì tutte le finestre anche se fuori tirava vento e, pensieroso, posò sul tavolo del latte che poi si dimenticò di bere.
Decisi di andarmene prima che rincasasse.
Penso lui lo sapesse e per questo tardò a tornare.
È una condanna dolce l’incapacità di lasciar andare.
Chiudendo la porta mi chiesi se un ricordo è qualcosa che hai o solo qualcosa che hai perduto.
E per la prima volta, dopo tanto tempo, mi sentii placare.
Questa vita è avvolta da così tanta stoffa
Qualcosa di raro ed esausto
Il mio serbatoio di luce possiede un peso
Un suono respinto verso la fine della steppa
La parola flusso sembra viaggiare
È come polvere che cola
Ti fa venir voglia di tornare, tornare ancora